Monumento di interesse nazionale : Chiesa e convento di Santa Maria della Guercia - Viterbo

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Indirizzo : Piazzale del Santuario - Viterbo
Riferimenti: tel. 0761303430
Sito web: http://www.madonnadellaquercia.it/
Legge di istituzione: Decreto 28 febbraio 1874
 
Proprietà:
Descrizione Storico Artistica: splendida costruzione dalle sobrie forme rinascimentali, il santuario fu costruito nella seconda metà del Quattrocento per celebrare un’immagine della Madonna intorno alla quale si era sviluppata una straordinaria devozione. La figura della Vergine, dipinta su una tegola romana ed appesa al ramo di una quercia, è divenuta il fulcro del prezioso scrigno architettonico che ben documenta il sincero desiderio dei committenti di rendere il massimo onore alla Madonna, anche e soprattutto attraverso opere costose e di ricercata fattura. La chiesa fu edificata sul luogo di una piccola cappellina provvisoria eretta all’indomani del riconoscimento del culto da parte del pontefice (1467). In quell’occasione Paolo II aveva autorizzato la Comunità viterbese ad edificare con le elemosine e le oblazioni “una casa, con chiesola […] con umile campanile”, ma, a distanza di due anni, la crescente devozione e le ingenti somme raccolte indussero il papa ad emanare una nuova bolla, per sancire stavolta la costruzione di “una chiesa consona alla grande divinità del luogo”. Il compito fu affidato al Comune e ai Padri Domenicani, chiamati a prendersi cura della sacra immagine. I lavori ebbero inizio nel 1470 all’insegna della grandiosità ed alla fine del secolo il santuario risultava pressoché finito; facciata e campanile furono completati negli anni immediatamente successivi. Una grande mole di documenti consente la ricostruzione dettagliata delle fasi cronologiche del cantiere, ma, viceversa, tace completamente riguardo al nome dell’architetto. Variamente identificato con un anonimo frate domenicano, con Bramante o, più plausibilmente, Giuliano da Sangallo, egli sembra in ogni caso risentire dei modelli offerti da Brunelleschi nelle chiese fiorentine di S. Lorenzo e S. Spirito. In generale, comunque, va notato che il legame con Firenze e la Toscana emerge di continuo in questi decenni e si mantiene saldo per tutto il Cinquecento, data forse la provenienza dalla provincia toscana dei domenicani chiamati a stabilirsi nel santuario. Abbondano invece i nomi dei capi-mastri, tra i quali spicca Maestro Danese da Viterbo, che ebbe la responsabilità della fabbrica almeno dal 1481, e Ambrogio da Milano, cui fu allogata la costruzione del campanile. La chiesa si erge su di un’ampia scalea, fiancheggiata dalla robusta torre campanaria (1481-1505), che in origine contava un quarto ripiano, eliminato nel Seicento. La facciata (1508-1517), improntata ad una severa semplicità, è preceduta da due colonne isolate che denunciano l’intenzione di costruire un portico, mai realizzato. La superficie uniforme dei conci lisci e squadrati di peperino è rotta dai tre portali, impreziositi da finissime decorazioni a candelabre e sovrastati da preziose lunette di Andrea della Robbia (1508); sul grigiore della pietra, le figurazioni bianche e azzurre della terracotta invetriata celebrano con grande eleganza la Vergine ed i principali santi dell’ordine domenicano. Nei rilievi del timpano, una quercia protegge due leoni che simboleggiano la città di Viterbo. L’interno, luminoso e solenne, è a tre navate, con profondissima abside e cupola posta all’incrocio con il presbiterio. Un cornicione aggettante corre lungo la nave centrale, al di sopra delle ampie arcate sostenute da colonne, e chiude i pennacchi che, dipinti da Cesare Nebbia con figure di apostoli (1601), così risaltano, colorati, tra i peperini grigi degli elementi architettonici. Un ricco soffitto ligneo a lacunari aggiunge allo spazio riflessi dorati. Questo grandioso soffitto richiese un enorme sforzo economico e fu certamente uno dei lavori più impegnativi; commissionato per mille scudi ad Antonio da Sangallo “a somiglianza di quello della camera del Santissimo Nostro Signore, dove si tiene il Concistoro”, fu realizzato tra 1519 e 1524, ma dorato soltanto più tardi (1536-1538) a spese del viterbese Paolo III, che si attribuì nell’iscrizione dedicatoria l’intero merito dell’opera e fece apporre il suo stemma nel cassettone simmetrico a quello che ospitava l’immagine della Madonna. Sotto la cupola, un tempietto marmoreo di Andrea Bregno (1490) racchiude la quercia con la sacra immagine. Richiesta allo scultore che all’epoca dominava indiscusso la piazza di Roma, questa edicola, la cui decorazione rientra a pieno titolo nel repertorio del Bregno, ha accolto più tardi alcuni dipinti di Michele Tosini, nipote di Domenico Ghirlandaio (1570). La Madonna della Quercia, dipinta sulla tegola romana, viene per tradizione attribuita ad un tal maestro Monetto, che l’avrebbe realizzata intorno al 1417; dell’autore non si conosce altro, ma l’immagine risente dei modi della pittura senese. Il santuario fu dotato di opere che, nell’intenzione dei committenti, dovevano uguagliare i più famosi conventi dell’Ordine. Ad artisti fiorentini si affidò l’esecuzione degli stalli lignei del coro, che si voleva gareggiassero con quelli di Monte Oliveto Maggiore, ed al converso domenicano che aveva lavorato per il convento fiorentino di S. Marco ci si rivolse per la miniatura dei corali. Al complesso viterbese di Santa Maria in Gradi si guardò invece nella costruzione del chiostro piccolo del convento, il cosiddetto “chiostro del Bramante” (1479-1513). Il tempio fu solennemente consacrato nel 1577 dal cardinale Giovan Francesco Gambara, vescovo di Viterbo e proprietario della vicina Villa Lante di Bagnaia. Questi aveva finanziato la decorazione a stucco e ad affresco del coro, per la quale aveva reclutato Giovanni de’ Vecchi. Nulla resta di questi apparati decorativi, interamente perduti nel corso dei restauri ottocenteschi del presbiterio. (fonte sovraintendenza ai beni architettonici e artistici)
 
Descrizione per il Visitatore:
 
Visita per :
Costi: visita gratuita
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Il Monumento e il territorio:
 
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